lunedì 5 agosto 2013

Odore di Valle Santa




Una domenica afosa. Pensieri da allontanare e contatto con la natura da riprendere. Un uomo e una donna si mettono in strada presto. Sereni, forse. Ognuno con i suoi fantasmi, ma convinti che i dolci e sinuosi pendii potranno arrecare del bene.

Velocemente si cerca di lasciare la strada principale per immergersi sin da subito fra la roccia e l’altitudine. Si parte con una musica, ma non appena il verde diventa il colore predominante decidono di adeguarsi al paesaggio e optano per le note visionarie dei Sigur Ròs. Suoni dilatati, che abbracciano tutto ciò che l’occhio può catturare.

Il dialogo tra i due segue lo stesso processo di dilatazione, un linguaggio comune, la voglia di farsi pervadere dalle emozioni, fianco a fianco.
Ed ecco che arrivati a destinazione si abbandona la macchina, si calzano gli scarponi e si parte per raggiungere un piccolo paradiso, custodito da gente che con coraggio, dedica la vita all’accoglienza dei viandanti.

Lei ha paura di non farcela, i suoi polmoni il suo limite, ma confida nella sua volontà, nella pace che lui le  infonde e sa che non la lascerà sola. Un atto di fiducia a due mandate.
Una salita, l’intero percorso. Sassi, sole, caldo e respiro corto, ma si parte. Si naviga in acque sante, questa valle e la sua potenza, la sua storia, regalano energie e volontà inimmaginabili.
Lei è indisciplinata vuole avere un passo che i suoi polmoni non riescono a sostenere, lui la guarda, la scruta e con tutta la delicatezza le fa capire che il passo deve essere breve, corto, adeguato, e che tutto andrà bene.
Rabbia, sconforto, paura che cresce, fino ad arrivare alla focalizzazione dell’obiettivo: la vetta. Un paesaggio, un casale e delle persone vecchie e nuove che ripagheranno lo sforzo.
Il caldo amplifica gli odori: della polvere, dei fiori, dell’erba. E i rumori: volatili di ogni natura, api, mosche, farfalle che si posano a grappoli sui fili odorosi viola della lavanda.

Sudore, la salivazione che scarseggia. Gocce che imperlano il volto. La vetta e la guida. Una voce mi richiama dall’alto.  Ora ne sento due: una sulla terra che aiuta le mie gambe e il respiro e una dal cielo che aiuta la volontà.



Lui è profumato Scentbar 110, l’odore del bosco, delle foglie umide, lei quasi sembra chiudere gli occhi e si abbandona alla scia, è lui ed il suo odore, la tengono agganciata.
Lei sente in lontananza note di finocchietto selvatico ed ecco subito alla mente Tutti Matti per Colorno di Hilde Soliani: fieno, dente di leone. La natura la sta avvolgendo in tutte le sue forme e le sta tendendo una corda, un pensiero consapevole ed una leggera gioia che attende l’esplosione quando lui, il bosco le dice: - 100 metri e siamo arrivati ! -.
Il suo cuore lacrima, i suoi occhi accennano. Tutto è adrenalina. Tutto è ossigeno. Come farà lei a dire a lui quanta vita le ha permesso di sentire ? quanto questo momento diventerà storia nella sua memoria ? quante volte potrà ripensare a questo cammino per andare oltre ?
Grazie a lui, al suo odore, ai sentieri polverosi, al caldo, al verde e ai miei polmoni.
GRAZIE !


martedì 25 giugno 2013

L'odore del cibo


Felice di appartenere al genere femminile. Le conferme a volte arrivano inaspettate, nelle occasioni più singolari.
Una cena dallo chef Fabrizio Mantovani a Faenza rivela complicità, gusto e raffinatezza.
Quando le donne si stringono a cerchio davanti a del buon cibo, danno il meglio di sé:
si lasciano sedurre dalla bellezza e dal palato. Si lasciano vivere, tenendo lontana la vita di tutti i giorni. Progettano, ridono, sognano con la consapevolezza che quello spazio fisico sarà il loro nascondiglio del momento.

Quattro donne, alcune amiche e nuove conoscenze. Uno spazio bianco ad accoglierle, luci ben studiate, teatrali.
Uno chef che accompagna le sue creazioni, raccontando di esse.




Gusti delicati con accenni all’estate: albicocca, pesce crudo, olio di cedro. Un’esplosione per i sensi.




Lasciandomi guidare dalla serata, mi sono immaginata due profumi per l’occasione.
Due presenze sulla tavola dalle lievi onde: “Iperborea” di Lorenzo Villoresi, un profumo dalle note di fiori bianchi, di mughetto, ciclamino e pesca. Discreto, femminile, frizzante ma non troppo e “Intelligence & Fantasy” di Geza Schoen: agrumato, fruttato, dove le note di albicocca e thè verde la fanno da padrone. Un odore di questa stagione, di questo momento e di quel buon cibo.





Nebulizzati nell’aria prima della degustazione al palato. In piccoli supporti di ceramica nell’ambiente. Come a volte un’esperienza può diventare un gioco a tutto tondo.

Progetti in bianco da riproporre e nuovi orizzonti si spiegano di fronte a me. Mi vedo già una damina degli anni ’30, nella bellissima cornice dell’albergo che ospita il ristorante e la cucina di Fabrizio Mantovani.



Persone sedute in quello stesso tavolo che vivono appieno l’esperienza della vita: uno chef che racconta le sue storie e una profumiera che le trasforma in odore.








venerdì 31 maggio 2013

Che odore hanno gli spazi emozionali ?




A volte capita nella vita di incontrare qualcuno a cui dedichi il tuo amore immediatamente.  Per cui sei disposto a non seguire ragionamenti, ma semplicemente cosa ti dice il cuore e l’istinto. Non pensate all’amore canonico, ma a un sentimento che va bel oltre e che ha dentro di sè uno stato di grazia, forse un’estasi.

Questi momenti diventano degli spazi carismatici o meglio emozionali, dove tutto avviene ad alta velocità, dove ciò che scorre non ha sbavatura, ma è altitudine spirituale: fondere due anime nella stessa pasta, che è comunque comune a prescindere dal dialogo. E allora si crea un’emozione allo stato puro, che riempie tutto: le parole, i non sguardi, le risate, i pensieri.

Tutto sembra essere delimitato dentro ad un confine e perciò sottoposto ad una attenzione maggiore, se questa caratteristica appartiene ad entrambi allora quello spazio diventa un luogo, una stanza che si riscalda e che espande il calore tra le due presenze.

Queste “superfici” sono rischiose, perché ti portano o ad uno stato di felicità inebetita oppure in un lago di lacrime perché il confine tra l’umano comportarsi e l’ascetismo è labilissimo. Ma detto ciò, sono sempre un’ottima occasione di vita, perché riempiono il tuo corpo di bellezza, di contemplazione, di preghiera.

Io non riesco in questo caso a scegliere un unico odore per descrivere questo luogo, perché è come se ci passasse tutta una vita dentro.

Posso dire che lascerei sempre presenti su un tavolo dei gigli bianchi, simbolo di purezza e dal profumo fiorito lieve, ma estremamente caratterizzante; del patchouly, che ti riconduce subito alla terra sulla quale poggi i piedi e che crea il catino giusto dove innaffiare il fiore bianco che ti fa volare in alto. Note agrumate, amare, di bergamotto e pompelmo per rischiarare, alleggerire e legare.  Una punta dolce vanigliata, un pizzico, giusto per far sapere di buono e donare la sensazione di “essere a casa” che questi momenti hanno e soprattutto che l’altro ti regala. Nulla più aggiungerei.
Solo queste note ed una boccetta vuota dove poterle contenere. Un filtro odoroso carico di emozioni. Grazie a chi mi ha donato questa occasione. 





lunedì 27 maggio 2013

"Il dolore è lento" vs Tubéreuse Criminelle (Serge Lutens)



Una frase ha colpito la mia attenzione oggi, durante una chiaccherata al femminile, dove mi trovavo di fronte ad una donna che per scelta o per necessità ha deciso di contare solo su stessa. Durante il racconto degli ultimi mesi della mia vita, la sua compassione nei miei confronti l’ha colta ed il passaggio da donna a mamma è stato veloce e forse anche immediato per lei, le ha aperto le corde della femmina matura che deve tutelare la più giovane, e ha iniziato a raccomandarsi e a donare la sua esperienza, per farmi evitare un sanguinamento del cuore senza ragione: “Devi essere cauta, devi darti tempo, ci vorrà un anno forse anche due, perché sembra, ma il dolore è lento”.
Ecco che la parola “lento” mi crea subito un ponte con il tempo e con gli odori.

Appena uscito in Italia rimasi impressionata da Tubéreuse Criminille di Serge Lutens. Una fragranza da decantazione, che merita il tempo giusto per essere capita e indossata. Raggelante, respingente, nera e canforata al primo impatto, come il veleno che Romeo decide di bere per unirsi alla sua amata Giulietta, pronunciando una delle frasi più belle delle letteratura mondiale “E così con un bacio io muoio”. Questa è la sensazione a cui porta il profumo di Lutens ad una prima annusata, un arsenico olfattivo che ti porterà alla morte, ma poi ecco che dal profondo nero sale, come un ascensore trasparente e pieno di luce che deve giungere il 36° piano in poco tempo, la tuberosa, calda, femmina. Il fiore sgorga fuori da questo amplesso olfattivo e ti dona la vita, l’essenza stessa, ciò che si cela dietro il buio: la luce, la bellezza.
E’ solo questione di dolore ? E’ solo questione di tempo ? Entrambi sono necessari per farsi che si compia la trasformazione. Che le cose si vedano con occhi diversi e con la distanza giusta.
Intanto io continuo nei giorni bui ad indossare Tubéreuse Criminelle per ricordarmi tutto questo. Per avere con me, impressa nella mia memoria olfattiva, questa immagine al femminile e questo momento della mia esistenza.
 
 

sabato 25 maggio 2013

Il potere di una Vaniglia



Oggi mi è capitato di vivere un momento, che ho sempre sognato si potesse avverare nella mia vita.
Come tutti i sabati, mi sono recata al lavoro, carica di rituali e di un buon caffè per iniziare a collegarmi con il mondo circostante con ottima energia.
Il tempo incerto mi aveva un po’ scoraggiata -  ci sarà poco giro – e non mi sono portata  nulla da leggere dietro.
La mattinata passa meglio del previsto e sul finire della stessa entra una ragazza di corsa, dicendomi che cercava una crema corpo vanigliata e il suo profumo preferito, sempre legato a questa nota, Vanille givrèe des AntillesLa Maison de la Vanille.
Cerco di assecondare la sua fretta, dicendomi che deve scappare in ospedale, dove deve iniziare il suo turno, lavora in pediatria. Mi chiede se gentilmente le posso nebulizzare su una mouillettes un po’ del suo profumo, perché lo deve portare ad una bambina che si è innamorata di quell’odore, anzi che le ha dato la possibilità di parlare ancora …
o mio Dio, dice la mia testa, cosa ti sta dicendo ? Sta forse confermando quello che tu pensi da una vita: che gli odori hanno un potere straordinario sulla mente umana ?
Cerco di raccogliere le idee e le domande da porle, voglio saperne di più: mi dice che la bambina non parlava da 3 mesi, perché non voleva farlo e non perché qualche problema neurologico glielo impedisse.
La prima frase che ha pronunciato è stata “Ma questo profumo è buonissimo!”, ecco davanti a me, una giovane donna che si emoziona nel condividere questa esperienza, che la vede protagonista, con me.
Sento quanto il mio lavoro possa essere veramente utile. Non è solo vendere un profumo per abbellirti fuori, ma è anche regalare emozioni e a volte rinascite.
Quella bambina ora, non ha un pezzo di carta da annusare tra le mani, ma una fialetta di profumo da poter spruzzare sulla sua pelle, e che questo sia solo l’inizio del suo contatto verbale con il mondo circostante.
Quel profumo per lei diventerà speciale. Diventerà vita.




mercoledì 15 maggio 2013

"Il ragazzo selvatico - Quaderno di montagna" di Paolo Cognetti


Penso che solo ad alcuni sia dato il dono di vivere momenti bui nella propria vita e di saperli trasformare in atti di rinascita e di esperienza straordinari.
Questo è quello che è successo a Paolo Cognetti all’età di 30 anni. Ha reso il suo inverno una primavera.
Colmo di letture sul genere e appassionato da sempre di montagna, decide di passare un periodo imprecisato in una piccola località sulle Alpi, come un’eremita.
L’ascolto della natura, la solitudine e le condizioni poco agevoli lo catapultano all’interno di un viaggio unico nel suo genere, intenso. Fatto di amici poco abituati alla parola, ma molto alle bestie, alla trasformazione dei colori nelle diverse stagioni, alla potenza della natura, che riesce a sorprenderti sempre anche quando ti svegli in una mattina di maggio e fuori trovi la neve, quell’ultima neve dell’anno, chiamata della quaglia, tanto decantata anche da Mario Rigoni Stern, in uno dei suo racconti.
Ma poi, quando tutto si dissolve ecco che ricompaiono gli odori e con l’arrivo dell’estate tutto prende un’altra sfumatura.
La mia scelta olfattiva cade su una fragranza di Histoires de Parfums: Noir Patchouli. Terra, calore, aria, fiori, spezie, aromi. Tutto quello che possiamo incontrare durante una camminata in mezzo ai boschi, è qui proposto attraverso un’eleganza senza eguali. Un profumo-velluto che veste la pelle, come una camicia di flanella a quadretti. Note che legano tra di loro per offrirci un supporto alcolico da portare in una piccola borraccia come acqua da reintegrare. Una nota dandy al nostro eremitaggio: sentieri, fatica, sudore, cambiamenti climatici repentini, rocce scoscese, altezza, allontanamento, isolamento, tempo, un tempo che non si riesce a quantificare e che è proporzionale alla nostra fatica. E poi giungere alla vetta, dissertarsi e indossare due gocce di Noir Patchouli per sentire come possiamo interagire con il tutto, fare parte del tutto. Ed è subito eremitaggio, ed è subito piacere.
Io fui nel giorno alto che vive
oltre gli abeti,
io camminai su campi e monti
di luce –
Traversai laghi morti – ed un segreto
canto mi sussurravano le onde
prigioniere –
passai su bianche rive, chiamando
a nome le genziane
sopite –
Io sognai nella neve di un’immensa
città di fiori
sepolta –
Io fui sui monti
come un irto fiore –
e guardavo le rocce,
gli alti scogli
per i mari del vento -
e cantavano fra me di una remota
estate, che coi suoi amari
rododendri
m’avvampava nel sangue
ANTONIA POZZI, Nevai
 
 "Il ragazzo selvatico - Quaderno di montagna" di Paolo Cognetti - Terre di Mezzo Editore